Intervista di Bergamo Oggi.
"Inchiesta tra i partiti in
attesa delle Elezioni Amministrative -
1985"
Prima parte
Il Segretario Provinciale repubblicano Alberto Sangalli
sottolinea che per il prossimo futuro sono già stati tracciati alcuni piani sui
quali bisognerà quanto meno concordare. Non fa preclusioni ma sostiene che
prima deve avvenire un confronto sui diversi programmi e poi una scelta fra
quelli che sono più affini - Qualche battuta polemica nei confronti dei
liberali e dei socialdemocratici - Espressa piena soddisfazione per i rapporti
instaurati reciprocamente con la Democrazia Cristiana all'interno della Giunta
comunale.
Incontriamo il Segretario provinciale repubblicano Alberto
Sangalli, sobrio nelle enunciazioni, informato, capace di sintetizzare
ponderosi concetti, mi faccio l'idea che rappresenta al meglio quel nuovo
repubblicanesimo che discendendo per li rami del Risorgimento, ha trovato
successiva nuova linfa, ed è approdato, con Ugo La Malfa, a un pragmatismo
efficace ed abbastanza insolito (prima) nel panorama politico italiano
Del resto Sangalli,
responsabile della programmazione di una "linea" della Dalmine, nei
suoi interventi, fa spesso cenno a un corposo realismo bergamasco dell'edera,
senza tralasciare alcuni fondamentali contenuti ideali: programmazione prima
degli schieramenti.
In questo «dogma» che dogma non è ma è soltanto
l'allineamento di un partito tradizionale alle nuove abitudini della società
dei consumi, si racchiude l'essenza della partecipazione repubblicana alla
giunta con i democristiani, dopo aver seduto, in passato, a palazzo, sui banchi
dell'opposizione. E la posizione del PRI è diversificata in provincia: la
flessibilità deriva (è spiegazione di Sangalli) dal poter o meno incidere
sensibilmente, con una presenza motivata, nelle singole amministrazioni,
altrimenti si può svolgere azione altrettanto utile per la comunità,
controllando le giunte locali, piccole o grandi che siano, dall'esterno.
Il punto di partenza della discussione ruota attorno a
Davide e Golia, il PRI a Bergamo a confronto con il colosso DC.
R. No, nessun sintomo
di soffocamento.
D. Quale è stato il vostro ruolo?
R. Abbiamo svolto
alcuni presupposti del nostro programma. Abbiamo saputo far valere le nostre
tesi, nei dovuti modi, con signorilità, senza farci pestare mai i piedi.
D. Politicamente si è ironizzato sul fatto che la DC trova
sempre un alleato compiacente. Prima ha fatto la Giunta con i
socialdemocratici, poi con voi. Non è che il fronte laico si sia indebolito per
la vostra partecipazione al governo con i democristiani?
R. Veramente nel 1980
furono i socialisti a tirarsi in disparte e quindi non è il caso di parlare di
fronte laico. Ci sarebbe una storia lunga da raccontare sulle vicende del 1975
e del 1980. In effetti abbiamo sempre basato la disponibilità per una
collaborazione amministrativa su un fatto essenzialmente programmatico.
D. I liberali invece hanno detto: nel 1980 fummo noi gli
unici a presentare un programma oltre a una spece di bozza della DC.
R. Non confondiamo le
cose. Noi stilammo un programma sin dal 1975, quel famoso libretto rosso
intitolato "Le ragioni di un no" che fece scalpore a Bergamo, perché gli altri partiti
nulla avevano approntato di simile.
D. Lei rivendica una specie di priorità?
R. Mi attengo ai
fatti. Fu il programma che sottoponemmo alla DC e per il quale ricevemmo il
rifiuto a una possibile collaborazione. E i socialdemocratici, lo dico per
inciso, non fecero nulla per mutare la situazione, altro che fronte laico.
D. E poi cosa accadde?
R. Il nostro
programma, riveduto e corretto, cinque anni dopo lo abbiamo ripresentato nelle
amministrative del 1980 ed è stato la base dell'intesa con la DC.
D. Ma ci fu, nell'occasione, una specie di trattativa più
globale?
R. Si tentò di
costruire, su sollecitazione di altri partiti, un fronte anti DC. La nostra
obiezione fu precisa: dobbiamo proporre qualcosa, nei fatti. Noi il nostro programma
l'avevamo, e gli altri?
D. E così dall'opposizione siete passati nella stanza dei
bottoni:
R. Senza salti
traumatici. La nostra opposizione nel 1975 non fu pregiudiziale ma libera, non
preconcetta, vedi l'azione a sostegno del sovrappasso. Avevamo una linea ben
definita (cultura, diritto allo studio) e successivamente ci siamo trovati
d'accordo con i nostri attuali alleati in Giunta.
D. Ma la vostra azione di Davide in cosa è consistita?
R. Prima di tutto
nell'essere presenti tutti i giorni, due volte al giorno, per seguire da vicino
la vita amministrativa.
D. Un faticoso lavoro, visto che a palazzo siete solo in
due.
R. Certo.
Nell'impossibilità di avere tutto e controllare tutto abbiamo cercato di
intervenire in ogni questione e di trovare con la controparte le possibili
intese.
D. E come valutate questo rapporto interno nel governo
cittadino con la DC?
R. Proprio in ciò che
voglio dire sta il valore dell'alleanza. Nell'altra parte abbiamo riscontrato
una DC buona o cattiva in astratto, ma si è scoperto che nella DC esistono
tutte le condizioni per esprimere un governo libero, elastico, non certo
padronale. Non abbiamo mai postulato le campagne di tutti contro la DC, perché
non ha senso politico.
D. Rimane il fatto che il potere di urto o di convinzione di
un partito solo nei riguardi della DC, è minore rispetto al rapporto di un
gruppo di partiti con la DC.
R. Un Gruppo di
partiti con la DC porta ad una spartizione di poteri, di zone, è un po' una
Yalta.
D. Ed è male, secondo lei ?
R. No, a meno che un
partito non dica io mi faccio i fatti miei, tu ti fai i tuoi, come purtroppo
avviene in molte amministrazioni e anche nel governo.
D. Forse è un rischio che si deve correre.
R. Molto dipende dalle
persone che assumono certe responsabilità. se sanno farsi valere.
D. In che senso?
R. E' vero che alla
base ci sono i numeri elettorali, ma se c'è accordo su un programma e si
assumono degli impegni, poi vanno rispettati. E allora il fatto che queste
persone siano appartenenti a diversi partiti o a uno solo, nei confronti della
DC non cambia niente.
D. Lei vuol dire che se si ha personalità è un conto....
R. Anche.
D. Il ragionamento fila però non si può escludere che in
altri partiti ci siano persone con le carte in regola per collaborare con la DC
da posti di responsabilità.
R. Sicuro. Non abbiamo
mai escluso nessun tipo di coalizione, come ho già detto, sin da quando si
parlava di pentapartito, tripartito, bipartito. Sono parole, le valutazioni si
faranno dopo le elezioni, sulla base delle promesse formulate agli elettori.
D. Quindi cinque, quattro, tre, due va tutto bene?
R. Dico che stabilire
a priori che ci devono essere cinque o tre partiti nel governo è assurdo, senza
sapere poi se tutti vogliono le stesse cose.
D. E i partiti laici sono molto differenziati?
R. Come si farà in
giunta a sedersi accanto a un partito che sul sovrappasso, sulla passerella, si
è schierato decisamente contro, sapendo benissimo che uno dei punti
fondamentali del programma è lo sviluppo a sud?
D. Lei sta citando i liberali?
R. Si, che hanno fatto
anche ricorso.
D. Guardi che nella
vita politica italiana i partiti pentiti prima divisi e poi uniti nelle
alleanze sono stati tanti.
R. Dico soltanto che
bisogna confrontarsi prima sui programmi.
D. Gentilini ha detto: sediamoci tutti a un tavolo,
comunisti, compresi, missini esclusi.
R. Non credo che i
programmi saranno così simili, e ho dei dubbi sull'uniformità degli indirizzi
del PCI e della DC. Ad ogni modo noi non abbiamo mai rifiutato il colloquio con
nessuno.
D. Ma i socialdemocratici hanno presentato una serie di
priorità,
R. Mi permetta di
sorridere di fronte a certe proposte. Quando il PSDI dice di porre in prima
linea gli emarginati, l'assistenza agli handicappati, debbo dire che abbiamo
ricevuto dalla precedente Amministrazione, di cui facevano parte i
socialdemocratici, una pesante eredità in proposito. E lo stesso va detto
dell'urbanistica, e prima c'era stato il PLI e poi il PSDI.
D. Va bene, ma questa ipotesi di pentapartito regge o no ?
Mi sembrate un po' dubbiosi....
R. Alle formule, l'ho
già detto, anteponiamo i programmi. Non una battaglia di schieramenti, ma di
contenuti.
D. E' un vostro vecchio pallino.
R. Che adesso stanno
adottando tutti. Ma chi propone questo pentapartito?
D. I socialisti, per esempio, sia pure a determinate
condizioni programmatiche.
R. Nessuno ha mai
impedito agli amici socialisti, che sino a ieri si erano autoesclusi da una
collaborazione, nessuno, dicevo, aveva mai precluso di partecipare alle
trattative.
D. E allora il nodo qual è?
R. A me è piaciuto il
titolo che avete dato a un incontro con l'avvocato Salvioni: un'area laica
molto unita, e trovo giusto il senso di quelle dichiarazioni.
D. E' una ragione in più per chiedervi: storicamente la DC
ha esercitato il potere a Bergamo. Tradizionalmente una parte della città si è
sempre battuta per rimettere a posto certi equilibri laici. Come si può non
tener conto della volontà dei socialisti di partecipare per bilanciare la
situazione?
R. Non abbiamo
preclusioni. Se ci riferiamo al 1980 esprimemmo chiaramente l'augurio perchè il
PSI rivedesse certe posizioni ed entrasse quindi in giunta. In quel momento
ritenevano, con tutta la nostra autonomia, che un ingresso del PSI fosse un
importante segnale....
D. Ci potrebbe essere, se ben capisco, un'area laica che non
corrisponde esattamente al pentapartito.
R. Non mettiamo limiti
alla provvidenza...laica.
D. Mi sembra d'intuire che adesso è più difficile trovare un
accordo rispetto al 1980.
R. Si. Allora si
potevano omogeneizzare gli obiettivi di partiti disponibili. Adesso è più
complicato perché esiste una traccia attraverso i programmi: chi entrerà in
giunta dovrà dire se li condivide o meno.
D. E allora la conclusione di questa prima puntata dedicata
a voi qual é?
R. Ci troviamo già di
fronte a una certa linea di cose fatte e da fare. Non è sufficiente parlare di
disponibilità ma vanno espresse precise intenzioni sul presente e su un futuro
in linea di massima tracciato. Mi sembra di parlare chiaro: ma aspettiamo i programmi di tutti e il voto
degli elettori, poi vedremo noi e gli altri.
Paolo Arzano - 20
febbraio 1985
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