Le trattative per la formazione della Giunta nel 1990

Gian Pietro Galizzi sindaco di Bergamo dal 1990 al 1995

I risultati elettorali presagivano quanto sarebbe accaduto negli anni successivi con le indagini del pool milanese di Mani Pulite. Bergamo non era ancora coinvolta negli scandali anche se, successivamente, qualcuno rimase impigliato nella rete sebbene in modo marginale.

I tre partiti che componevano l'alleanza ne quinquennio 1985 - 1990 persero in totale 6 consiglieri di cui 4 la democrazia Cristiana, passata da 24 a 20; 2 il Partito Socialista passato da 6 a 5; 1 il PRI passato da 3 a 2 consiglieri.

 
In pratica, pur con queste perdite, il tripartito poteva, almeno sulla carta, essere riprodotto anche nel quinquennio 1990 - 1995. Ma la differenza la fece il nuovo sindaco indicato dalla Democrazia Cristiana: Gian Pietro Galizzi, ex Presidente della Provincia.


Di carattere autoritario e sbrigaticcio, poco disponibile al colloquio e alla mediazione, Galizzi comunque fu  un buon sindaco. Al contrario del suo predecessore Zaccarelli, Galizzi il tripartito lo subì più che averlo voluto: i numeri per comporre una maggioranza diversa non c'erano e altri eventuali "alleati" erano spariti dalla scena politica bergamasca.


La situazione all'interno del PRI era abbastanza critica; dei due eletti, Marco Venier, l'unico con esperienze politiche di notevole valore, era stato anche componente nel Consiglio Provinciale, aveva annunciato  di non voler assumere cariche di Giunta a causa della sua professione (commercialista, noto in città) a causa del poco tempo che avrebbe potuto dedicare all'attività amministrativa. Zavaritt, l'altro repubblicano eletto medico pediatra e da poco iscritto al PRI, non aveva alcuna esperienza né politica, né amministrativa. Aveva solo una forte ambizione: essere nominato Assessore.


L'unico che avrebbe potuto occupare con cognizione di causa e con precedenti esperienze il ruolo di  Assessore, magari ancora al Bilancio come nella precedente amministrazione Zaccarelli,  era Ziliani non eletto per qualche decina di preferenze in meno di Zavaritt.
La discussione all'interno del Partito fu particolarmente difficile e imbarazzante proprio per evitare che si "personalizzasse" la determinazione se accettare o meno l'entrata in Giunta.


Da parte mia, con estrema chiarezza e franchezza, motivandola, mi schierai per la non accettazione, suggerendo, al massimo, un appoggio esterno senza pregiudiziali ma basato sui vari provvedimenti. Secondo il mio punto di vista, in caso contrario saremmo stati un coccio in mezzo a barili metallici.


Ma la Segreteria cittadina retta da Lorenzo Chierici  e quella provinciale, che nel frattempo era passata a De Virgilis, erano già in fase avanzata con le trattative e l'unico problema che posero nelle riunioni di partito erano centrate su quale assessorato accettare per Zavaritt.


Sostanzialmente avevano accettato la delega all'Ecologia, assessorato marginale, con nessuna influenza nell'operatività della Giunta i cui posti significativi erano già stati appannaggio di democristiani e socialisti.

Inoltre era già stato assunto un altro impegno, all'interno del Partito: Marco Venier dopo pochi mesi avrebbe rassegnato le dimissioni lasciando che subentrasse Ziliani al suo posto. Poteva essere un buona soluzione se avesse anticipato la nomina degli assessori, permettendo in tal modo di collocare quest'ultimo in un assessorato confacente alla sua esperienza. Purtroppo a giochi fatti era solo un modo per dare la possibilità a Ziliani di rimanere in aspettativa dalla scuola (era segretario di scuola media) e non dover rientrare in un ambiente che per anni non aveva più seguito professionalmente.


Quando mi accorsi che i giochi erano già stati stabiliti, la delusione fu enorme e con una lettera chiesi al Segretario Cittadino di essere ascoltato ufficialmente nella mia qualità di Consigliere Nazionale. Non ottenni alcuna risposta e la partecipazione del PRI alla nuova maggioranza consiliare fu resa pubblica con il successivo insediamento della Giunta.
Seppi in seguito che in mia assenza, ad una riunione di partito fui severamente criticato per aver sostenuto la tesi della non partecipazione solo perché non ero coinvolto personalmente , quindi, per interesse personale.


A questo punto, decisi di presentare le mie dimissioni dal partito, restituendo la tessera e, pertanto, rinunciando anche all'incarico nazionale. Non venni nemmeno contattato nel tentativo di farmi recedere dalla decisione; m'ignorarono. Tuttavia ciò che mi addolorò di più fu che molti mi tolsero pure il saluto. Miserie umane anche tra "amici" (come noi solitamente ci salutavamo).


Qualche anno più tardi, Zavaritt, in un colloquio privato, davanti ad un bicchiere di bianco alsaziano, correttamente, si rammaricò di quel periodo e del mio allontanamento, chiedendomi sostanzialmente scusa per l'errore in cui lui e gli altri suoi amici di partito erano incorsi.


Anche questa fu una piccola soddisfazione, ma ne ebbi altre in futuro.

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